AFERPI: I “CONSIGLI” DEL CAMPING CIG A SINDACATI ED ISTITUZIONI
Piombino (LI) – Nuovi scenari si aprono in città per l’arrivo di Jindal, con gli abitanti, ancora scottati dai molti “Merci” e premi vari dati a Rebrab, che osservano la situazione con un misto di prudenza e diffidenza. Contemporaneamente molti pongono domande anche sui nuovi potenziali rischi, ma anche opportunità, per una città che da troppo tempo non attende più solo un nuovo “padrone”, ma anche una diversificazione basata su almeno quattro settori (siderurgia, logistica portuale, turismo ed agricoltura) che facciano da traino economico per far uscire questo territorio da una “monocultura industriale” che lo ha messo per troppi anni all’angolo.
A riprova di questa tendenza anche un recente sondaggio su Facebook (gruppo “Super Partes-Val di Cornia”) che ha mostrato (attualmente siamo a 317 votanti, quindi oltre l’1% della popolazione complessiva) che l’80% di questa è contraria ad una “predisposizione (antropologica, ndr.) a colare acciaio” della città. Il sondaggio è ancora aperto sul gruppo, e chi vuole esprimere la propria opinione può farlo premendo su questo link.
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Riportiamo qui sotto integralmente le riflessioni prodotte dal Camping Cig sui punti fermi che secondo loro devono essere considerati prioritari per uscire da questa empasse.
CAMPING CIG: QUATTRO PUNTI FERMI PER AFERPI
Lo scenario della crisi dello stabilimento ex-Lucchini è cambiato: diventato assolutamente impresentabile Rebrab e quindi non più credibile la narrazione felice che ci hanno propinato per tre anni, ecco all’orizzonte il nuovo “salvatore della patria” Jindal ed ecco la nuova narrazione felice, fatta di illazioni giornalistiche spacciate per verità e di dichiarazioni di grande fiducia di politici e sindacalisti.
Noi riteniamo che prima di esprimerci si debba andare a vedere se è un bluff o una scala. Quel che è certo è che dobbiamo porre dei punti fermi, prima che si scoprano le carte.
Primo punto: esiste la necessità urgente che la fabbrica riprenda la produzione in due fasi: l’immediata ripartenza degli impianti di laminazione e la successiva ripresa della produzione di acciaio. Questa seconda fase deve avvenire con dei vincoli ben precisi, definiti in tre anni di dibattiti e di mobilitazione: l’abbandono del ciclo con altoforno, la produzione con forni elettrici a basso tasso di inquinamento, la localizzazione di tutti gli impianti nell’area nord, lontano dalla città. Ipotesi di revamping dell’altoforno e, anche se solo temporaneamente, della vecchia acciaieria sono inaccettabili, sia dal punto di vista tecnico, sia di economicità produttiva, sia infine perché impediscono lo sviluppo di piani di diversificazione. Inoltre, dato l’investimento necessario, da temporanei si trasformerebbero presto in definitivi, creando oltretutto una grave spaccatura tra lavoratori e una parte della cittadinanza.
Secondo punto: l’allontanamento di Cevital deve essere totale. È fortemente inadempiente anche sulle altre parti del suo progetto, e lo sviluppo del porto non può venir condizionato da Rebrab. Inoltre la sua inadempienza porta con sé come conseguenza la rivendicazione della nullità dell’accordo strappato ai lavoratori e che prevede la perdita di diritti e del 30% di salario.
Terzo punto: se è vero che nel caso di vendita diretta tra privati i lavoratori e i sindacati non hanno voce in capitolo, è altrettanto vero che invece il governo ha voce in capitolo e può arrivare ad impedire la vendita. Dobbiamo esercitare una fortissima pressione sul governo (qualunque esso sia) per assicurarci che, nel caso di verificate intenzioni di Jindal, si faccia carico degli interessi dei lavoratori. Deve anzitutto imporre che il suo ruolo di vigilanza sulla vicenda continui per tutto il tempo di attuazione del piano, anche come contropartita per i soldi che lo Stato, in varie forme, metterà a disposizione; anzitutto pretendendo tempi certi: se dopo la “Due Diligence” di sei settimane a partire dal giorno 12 marzo non verrà firmato un preliminare di vendita si dovrà procedere alla nomina di un nuovo commissario che gestisca la fabbrica, senza escludere a priori l’acquisto delle quote Cevital da parte dello stato stesso; in secondo luogo la tempistica: alla prima inadempienza sul cronoprogramma, il contratto dovrà essere annullato, senza i giochetti che hanno caratterizzato la vicenda Aferpi, e ritornare all’ipotesi del commissariamento; infine il governo deve impegnarsi affinché la vendita venga considerata un nuovo inizio e vengano ripristinate da zero le garanzie previste dalla legge Marzano e l’estensione del periodo di ammortizzatori sociali per tutti i lavoratori, sia diretti che dell’indotto, inclusi quelli già espulsi e che stanno esaurendo ogni ammortizzatore.
Quarto punto: questa volta non dobbiamo lasciare che poche persone decidano per il nostro futuro, ma pretendere di essere noi a decidere. Per questo il governo deve garantire la più ampia diffusione dell’eventuale piano industriale e finanziario della società acquirente, e questo deve essere oggetto di una discussione approfondita dei lavoratori e dei cittadini, con un percorso ampio di democrazia partecipata.
Su questi quattro punti, che consideriamo l’indispensabile premessa per una eventuale discussione di merito sui piani di un eventuale acquirente noi del Coordinamento Art.1 – Camping CIG continueremo a batterci per la costruzione di un ampio fronte di impegno e mobilitazione.
Coordinamento Art.1 – Camping CIG
Scritto da Giuseppe Trinchini
il 15.3.2018. Registrato sotto Foto, sociale, ultime_notizie.
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