EDITORIALE: AFERPI E UNA CITTA DISORIENTATA CHE ASPETTA IL PIANO “B”
L’EDITORIALE di Giuseppe Trinchini
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EDITORIALE: AFERPI E UNA CITTA DISORIENTATA CHE ASPETTA IL PIANO “B”
E un momento molto controverso quello che sta attraversando la siderurgia a Piombino: impasse lunghissima e organizzazioni dei lavoratori divise. Siamo tutti ancora in attesa della firma con Jindal, che probabilmente non è più tanto convinta di questo accordo di programma, e per questo cerca forme di incentivo economico alternative con Governo e Regione Toscana.
Nel frattempo i confederali chiedono in continuazione l’incontro con il ministro Di Maio, mentre i sindacati di base accusano che sono state fatte scelte sbagliate, ricordando che «il salto nel buio voluto da Fim Fiom e Uilm è riuscito molto bene: l’azienda non ha più ripreso la produzione per colpa di un accordo pessimo, sponsorizzato dalla Regione Toscana e dal governo precedente, lo spegnimento dell’altoforno, i tagli dei salari e la tenuta in ostaggio per 4 anni da un algerino che chiedeva soldi di stato.
E ora una multinazionale indiana, interessata solamente allo sbocco al mare e non a colare acciaio a Piombino. Dopo le notizie in campagna elettorale col ministro Calenda che assicurò di aver risolto il problema con Jindal, siamo ritornati al punto di partenza. Jindal e Di Maio, devono capire – conclude la nota dell’Usb – che I lavoratori non saranno più disposti a fare sacrifici e assistere a teatrini: il piano industriale, deve prevedere il totale assorbimento dei 2000 lavoratori e l’indotto».
Le vere scelte del nuovo Governo per Piombino, e l’esigenza di ricollocare almeno 2000 lavoratori, sono quindi le questioni in ballo nelle prossime settimane al MISE.
Facendo un passo indietro, Matteo Salvini quando venne a Piombino prima delle elezioni disse che “L’acciaio è fondamentale per la nostra nazione, è un settore strategico e io se andrò al governo non permetterò che chiuda facendo un favore ad altre nazioni, piuttosto nazionalizzo”. Dire che l’acciaio è fondamentale e strategico e che lo stabilimento non deve chiudere, non significa però che lo Stato debba tenere in piedi per forza una fabbrica “anni ’80” cannibalizzata da Cevital nel silenzio di tutti, per generare 2000 improbabili posti di lavoro nella Siderurgia.
Perché la fabbrica “nuova”, senza ciclo integrale da altoforno, anche se statalizzata, offrirà per molti anni al massimo 700 posti di lavoro. Lo stesso numero indicato anche da Jindal in una recente pesentazione al MISE, perché per realizzare un forno elettrico ci vorranno comunque almeno 3-4 anni dal via alla progettazione, e vista la situazione impiantistica è di sicuro prioritario per Jindal procedere con il revamping dei laminatoi e alla parte portuale, prima di spendere capitali per nuovi impianti in un mercato oggi estremamente fluido.
Per questo da anni insisto sulla questione Bonifiche vere e Portualità.
Perché se invece di tenere Piombino in stallo negli ultimi 4 (quattro) anni ascoltando le “narrazioni” di Rebrab, il Governo precedente avesse comunque avviato le demolizioni e le bonifiche vere del SIN, oggi saremmo quasi a metà lavoro e poteva iniziare per Piombino la famosa “fase due”, sulla falsa riga di quello che è accaduto in città come Essen (la famosa Ruhr) o Bilbao.
Una ipotesi alternativa, a quella di cedere interamente l’area del secondo asset siderurgico del paese ad un imprenditore indiano, potrebbe essere quella di lasciare la sola area di laminazione a Jindal, con meno personale, ma posti di lavoro veri e sicuri, mentre il resto delle Ex acciaierie passi realmente per un periodo di tempo sotto il controllo dello Stato, creando un enorme cantiere finalizzato al recupero e riconversione di tutto il SIN industriale (accedendo in questo modo anche a contributi europei).
Perché prioritario è che, qualsiasi sia il numero reale degli occupati nella siderurgia, questa non vincoli (come ha fatto fino ad oggi) le altre possibili forme di sviluppo, che potrebbero generare nuovi posti di lavoro, anche con numeri importanti per tutto il territorio della Val di Cornia, in particolare nel settore portuale per merci e persone, nelle opere di demolizione e bonifica e nella successiva fase di riconversione.
Bonifiche vere e Portualità potrebbero essere quindi il famoso “Piano B” per rilanciare Piombino, e unite ad una seria diversificazione (la valorizzazione dell’agricoltura, il potenziamento del turismo annuale, aziende artigianali, di agroittica, e la costruzione nelle aree bonificate, quasi tutte fronte mare, di alberghi, ristoranti e campeggi), ridare finalmente a questa parte della Toscana la dignità che oggi ha perso.
Ben vengano quindi i 600-700 posti ai laminatoi di Jindal, ma questi NON devono vincolare in alcun modo il destino di questa ormai disorientata città, bloccando la diversificazione e lo sviluppo portuale. Altrimenti da questa crisi occupazionale, ma anche e principalmente sociale e culturale, NON se ne esce, e non se ne uscirà per generazioni.
Giuseppe Trinchini
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Per approfondimenti si può leggere:
Rebrab salvatore nel 2014: TIRRENO del 9 dicembre 2014:
http://iltirreno.gelocal.it/piombino/cronaca/2014/12/09/news/renzi-con-cevital-piombino-e-un-pezzo-del-futuro-dell-italia-1.10464464
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Riconversione possibile: ADNKRONOS del 22 gennaio 2016:
http://www.adnkronos.com/2016/01/22/riconversione-possibile-gli-esempi-virtuosi-dalla-ruhr-pittsburgh_4fVVQAvjhJuTnqhrwKf59M.html
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Altri 4 anni di ammortizzatori sociali? – Corriere Etrusco (giugno 2018)
http://www.corriereetrusco.it/2018/06/07/aferpi-200-euro-in-meno-in-busta-con-il-nuovo-accordo/
http://www.corriereetrusco.it/2018/06/17/aferpi-preoccupazione-in-attesa-del-nuovo-incontro-al-mise/
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Studio Istituto Sant’Anna su Piombino e la Val di Cornia del 2014:
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