EUROGRUPPO: VENGHINO, SIGNORI, VENGHINO… È ARRIVATO IL CIRCO
Riceviamo e pubblichiamo integralmente una lettera che propone una interessante riflessione sull’accordo raggiunto sul pacchetto d’aiuti solidale di ben 1000 miliardi da parte dell’eurogruppo a sostegno dell’emergenza sanitaria per il Coronavirus in Europa.
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«Ieri sera sono andato a letto, felice di aver letto, nei titoli di qualche sito d’informazione, che era stato raggiunto l’accordo tra i rappresentanti dell’Eurogruppo, su un pacchetto d’aiuti solidale di ben 1000 miliardi.
Ho pensato che tutto sommato 1.000 miliardi per tutti i paesi dell’Eurogruppo non sono una cifra enorme, ma che si stava finalmente arrivando a qualcosa di positivo. Anche perché, scettico sull’Europa dei bilanci e pan-finanziaria, sono invece un europeista convinto, di quelli che – forse per il difetto dell’età in cui ha compiuto gli studi – crede ancora che in un mondo che deve affrontare le sfide gigantesche del 5G, del rischio pandemico diffuso, del recupero ambientale, del contenimento delle intelligenze artificiali, ma che è ancora babele di lingue e culture, non si possa rinunciare alla mediazione degli stati nazione (per non sacrificare gli ultimi scampoli della democrazia individualista che è il retaggio più prezioso della nostra cultura), ma si debba insieme ricercare, per forza, una prospettiva di coordinamento sovranazionale, se non di tipo federale, almeno di tipo strutturato.
Ho pensato, anche, che forse Conte, stretto dalla contingenza sul piano interno, avesse tutto sommato ben visto nelle sue posizioni fra i partner europei e che, dunque, il mio scetticismo dei giorni scorsi doveva derubricarsi a scetticismo da intellettuale di campagna, di quelli naif che hanno letto troppo per capire come va davvero il mondo.
Stamattina, appena sveglio, ho compulsato tutti i giornali, del resto con titoli entusiasti come il mio stato d’animo di ieri, per trovare informazioni più precise.
E ancora una volta, una sensazione desolante; una delusione agghiacciante: la certezza che ci stanno prendendo in giro, confidando che ci si senta tutti inermi campagnoli, con la pancia piena.
I titoli sono come le urla di Barnum: venghino signori venghino….
Dietro c’è il nulla; c’è il nulla delle promesse vuote, per uno spettacolo privo di ogni sostanza, se non quella della conservazione del potere, per i nostri politici, e la soddisfazione di esigenze strategiche, per i paesi come la Germania e la Francia; promesse vuote che per noi Italiani significano lacrime e sangue.
Ho scelto quattro resoconti, fra quelli dei siti più “cool”: Ansa, Sole24ore, Corriere della Sera e Stampa.
Poi ho letto il comunicato stampa in versione italiana.
Mi pare che tutti convergano nella stessa direzione:
- ci sono 100 miliardi a bilancio comune per la disoccupazione e la cig (programma Sure);
- ci sono 200 miliardi di investimenti BEI;
- ci sono 200 miliardi messi a disposizione dal MES (sì, dal MES), con condizionalità sia sull’impiego (sono limitati, da quello che ho potuto intuire, solo alla spesa sanitaria anti-Covid19, diretta e indiretta), sia macro-economiche (lo Stato che prenderà i soldi dal fondo dovrà dimostrare di essere in grado non solo di restituirli, ma di farlo anche nel rispetto di alcuni parametri finanziari e di bilancio, che al momento non riesco a trovare meglio chiariti).
Si badi, non è affatto poco. Tutt’altro. Dall’Europa così com’è (l’ho scritto anche ieri, nessun ingenuo poteva aspettarsi molto di più).
Ma questi strumenti erano a disposizione del nostro governo (e per quanto riguarda il MES mi era parso di capire anche con minori condizionalità di utilizzo: quelle di finalizzazione alla spesa sanitaria rendono i fondi per noi poco utili, avendo già superato il picco dell’emergenza) già la sera in cui Conte ha fatto la sceneggiata di sbattere i pugni sul tavolo: basta leggere l’intervista che la Von der Leyen ha reso alla stampa tedesca il giorno prima che il rag. Ugo Gualtieri (lo chiamo così perché lo vede sempre più sprofondare fantozzianamente sui puff della Merkel) la definisse, comicamente, inopportuna.
Erano lì.
Il resto è fuffa, niente, nulla. Non è ragionevole pensare che si possa combattere l’emergenza del qui e dell’oggi con le promesse di un futuro fondo inter-statale di co-garanzia, rimesso alla discussione di Stati i cui parlamenti, grazie alle maggioranze nazionaliste amiche di Salvini e Meloni (ma i nazionalisti, si sa, pensano per primi a loro stessi, mica agli altri; con loro, la solidarietà non può essere neppure invocata, se non con artifici e raggiri) hanno già vincolati i loro governi (che al contrario del nostro, rispettano quella volontà) a non autorizzare aiuti con garanzia propria. Sono 500 miliardi di euro del Monopoli. Servono solo per qualche paginata di giornale.
Ma se erano lì, allora, perché il nostro Governo ha perso quindici giorni, indispensabili (banalmente, il MES per le spese sanitarie ci sarebbe stato più utile)? E perché oggi prova a venderci un trionfo?
Se trionfo è, lo era già quindici giorni fa.
Se vale invece quello che è stato detto quindici giorni fa, mettendo a rischio, allora, la tenuta del paese, perché raccontarci oggi una bugia?
Per di più quando in Italia si sta pensando di prorogare di ulteriori quindici giorni un lock-down per le aziende, che lavora solo da noi, mentre le imprese tedesche e nord europee stanno lavorando, in sicurezza, lasciando chiusi solo i luoghi di svago e si adottano misure di liquidazione del tessuto produttivo, come quelle approvate con il d.l. 23/2020? Perché?
Io continuo a pensare che i nostri politici attuali stiano confondendo quello che sta accadendo con una crisi di mezza estate, di quelle al mojto.
Lontani da tutto e da tutti, circondanti da pletore di giornalisti lecchini, intrallazzoni supini, incompetenti entusiasti, si sono convinti o fatti convincere che, malgrado l’apparente drammaticità di questi giorni, poi in fondo stemperata dagli astag e dai flashmob e dai video che siamo super-fighi, tutto si rimetterà a posto grazie all’elasticità del Paese e che, pertanto, basterà, ad ottobre 2021, aumentare di qualche decimale le tasse e, tenendo buoni quelli che non lavorano con provvidenze varie, si racconterà la storia che il PIL è rimbalzato del 7% (notate, però, che se cala del 15% nel 2020, il rimbalzo del 7% nel 2021, vuol dire un calo su base biennale del 9%: siamo in crisi da dieci anni perché è calato di 2/3 punti in un decennio. Si parla, insomma, di povertà diffusa) e, passata la buriana, si continuerà a comandare, fino a fine legislatura. In un equilibrismo di acrobati della bugia, conserveranno così un potere che gli è stato graziosamente regalato da un popolo bue, reso ancora più manzo da due mesi di quarantena rigorosissima, di stampo cinese.
In realtà, la sfida, secondo quello che sento e vedo, è molto più alta e loro – inconsapevoli, per ignoranza, cecità, egoismo, indifferenza al loro paese ed alle loro stesse idee, della grandezza del problema che stanno affrontando e dei giochi geo-politici che passano sopra la loro testa – la stanno clamorosamente mancando, favorendo anzi interessi che, nella retorica dell’uno vale uno o pauperista allo champagne, dicono di voler combattere.
Non i tedeschi. Non gli olandesi.
Sul Sole24ore di oggi, nell’articolo di Beda Romano, si legge: “Berlino si è dimostrata in queste settimane sorprendentemente ben disposta nell’accettare storiche decisioni sul fronte della spesa pubblica”.
In realtà, nulla di sorprendente.
Già alcuni mesi fa, nell’ottobre del 2019, quando ancora il Covid19 non c’era neanche in Cina, il prof. Krastev, rispondendo nel loro libro intervista a Federico Fubini, rilevava, riguardo alla Germania, in crisi anch’essa da almeno un paio d’anni: “Adesso la Germania si vede come una potenza conservatrice, che in questo periodo per lei complicato cerca di congelare la situazione attorno a sé ed evitare strappi in Europa. […]. Per Berlino, l’UE è diventata un’alleanza difensiva, in cui la Germania cerca di proteggersi dalle trasformazioni della globalizzazione. […] Il Paese sa che avrà bisogno di una profonda trasformazione sia sul piano politico sia su quello economico.”
Insomma, i tedeschi – che sono in difficoltà quanto noi sul loro futuro – pensano di usarci e di usare l’Unione, non per dominarci (come qualche distratto lettore delle vicende europee pensa, convinto che Churchill sia un cronista contemporaneo, super partes), ma per proteggersi, mentre si preparano a fronteggiare le sfide tecnologiche, nelle quali USA e Cina sembrano soverchiarli.
E’ normale, allora, che, per evitare strappi sulle loro mura difensive, loro lavorino per offrire ad un governo come il nostro, assetato di consensi interni miopi e senza spina dorsale, né orgoglio, la sensazione di una boccata d’aria, tanto più lieti se quella sensazione possono farsela pagare con lauti affari per le loro banche in Italia e la certezza che i provvedimenti nostrani, accolti senza alcun moto di reazione, faranno accorrere nelle loro lande decine di holding e, fra poco, di piccole imprese (magari start up degli straordinari ingegneri italiani) e che, piano piano, i nostri governi – confusi essi stessi dal continuo, straordinario rutilare del potere da Truman-show del quale sembrano accontentarsi e che del resto, viste le personali attitudini di ciascuno di loro, è il massimo cui possono aspirare nella vita – regaleranno loro il tesoro straordinario e incommensurabile della ricchezza privata e pubblica italiana, fatta da 4.000 miliardi di raccolta mobiliare, un patrimonio immobiliare privato di valore almeno doppio, opere d’arte diffuse sul territorio e abbandonate a loro stessi, imprese d’eccellenza, capacità di gestione del caos, spingendo gli italiani, entusiasti di ripartire, ad un indebitamento senza né capo né coda, pubblico e privato.
C’è qualcuno che ha voglia di rompere questo circolo vizioso?
Non si tratta di non entrare nel circo di quest’Europa. Si tratta di entrarci consapevoli e cominciare a fare come gli altri: cercare di costruire un percorso comune, nella tutela dei nostri interessi, con preparazione, competenza, coraggio e visione. Perché, vivaddio, se reagiamo a questa palude, possiamo ancora farcela».
Avv. Paolo Cicico