LA PIAZZA: ANCHE CON RIMATERIA CHI HA FATTO IL DANNO NON PAGA
Piombino (LI) – Riceviamo e pubblichiamo integralmente dal gruppo di cittadini de “La Piazza” Val di Cornia.
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La vicenda Rimateria è arrivata ad un passaggio delicato: le prime decisioni del Curatore Fallimentare apriranno (o chiuderanno) prospettive determinanti per il suo futuro. I lavoratori, retoricamente al centro dei pensieri di molti, sono le vittime di giochi politici che non potremo mai dimenticare: sarebbero potuti passare insieme ai loro colleghi a SEI Toscana, ma ciò fu impedito perché liquidare ASIU avrebbe mostrato quanto fosse stata fallimentare la sua gestione (debiti, mancati accantonamenti per la chiusura, impianti fuori norma ecc.). Si preferì creare RiMateria, da svendere poi ai privati con la prospettiva di conferire rifiuti speciali su nuovi enormi spazi di discarica.
Questa è l’origine dell’odierno fallimento, oggi sembrano esserne consapevoli anche alcuni lavoratori, che giustamente si sentono traditi dalla politica. Ma chi ha creato questo disastro?
I Sindaci e i dirigenti passati ne escono indenni, a pagare sono solo i lavoratori e i cittadini. Sì, perché gli impianti sono ancora da mettere a norma, gli accantonamenti per la chiusura sono insufficienti, gli impianti per il riciclo sono stati abbandonati o venduti e i rifiuti sono diventati una montagna maleodorante che ha portato grandi profitti solo nelle tasche di qualcuno. Oggi se il Curatore Fallimentare decidesse di vendere l’azienda ad altri privati, questi potrebbero portare avanti lo stesso progetto, magari affiancando alla discarica un inceneritore (pudicamente chiamato termovalorizzatore). Illazioni? Semplici supposizioni volte a generare paura?
Purtroppo no.
Sembra assurdo, ma questa è la comune traduzione di parole come: “Green Economy” e “Economia Circolare”, che avrebbero ben altri significati. Non c’è niente di “circolare” nel produrre, consumare, scartare, incenerire, sotterrare: c’è bisogno, invece, di riprogettare il modo di produrre, integrando già in quella fase processi volti a evitare l’accumularsi di scarti, includendo linee di produzione capaci di rendere commercializzabile quello che prima diveniva scarto e rifiuto; c’è bisogno di rivedere il modo in cui ognuno di noi consuma; c’è bisogno di riciclare lo stretto indispensabile, perché anche il riciclaggio è un processo industriale che usa risorse e genera rifiuti.
Questo modo di ragionare è fatto proprio dalle acciaierie più moderne e dai forni elettrici: oggi insieme all’acciaio, grazie alla scelta della carica e alla accorta conduzione, si producono materie direttamente utilizzabili come sottofondi stradali. Per Eurofer la valorizzazione dei residui dei processi siderurgici è prassi consolidata all’interno delle acciaierie e le percentuali di riciclo delle scorie da forno elettrico arrivano vicino al 100 per cento.
In quest’ottica, nemmeno le acciaierie avrebbero bisogno di Rimateria.
La verità è che Piombino è stato individuato da tempo come luogo idoneo a divenire Polo Nazionale per il Trattamento e lo stoccaggio di rifiuti. Questa scelta purtroppo non viene messa in discussione dal nuovo Piano Strutturale (così simile a quello elaborato dal PD negli anni passati) che afferma che Piombino ha la “vocazione” all’economia circolare, che se riferita a un territorio può avere soltanto il significato negativo che abbiamo sopra esplicitato. Si intende dunque sostituire una monocultura con un’altra, peraltro incompatibile con le nostre spiagge, i nostri parchi, i nostri siti archeologici, le nostre produzioni agricole di pregio e con la decantata diversificazione economica. Da cosa deriva la vocazione all’economia circolare? Dall’aver accettato senza fiatare di avere centinaia di ettari di territorio da bonificare? Dall’aver consentito che fossero definiti “odiatori” tutti coloro che opponevano esigenze di tutela della salute, dell’ambiente, della stessa economia locale e delle sue esigenze occupazionali? Non vogliamo essere il “buco” dove gettare quanto altre aree, più sviluppate e popolate, scartano. Non vogliamo respirare quanto verrebbe emesso dall’incenerimento dei loro rifiuti, sotterrarne le ceneri o trattare i rifiuti prodotti da altri distretti industriali che continuano a lavorare con metodi ormai insostenibili.
Non accettiamo di essere la periferia di quel centro. Chiediamo che nel Piano Operativo (Regolamento Urbanistico) di attuazione del nuovo Piano Strutturale non siano individuate aree utilizzabili per nuovi impianti dedicati alla gestione dei rifiuti (ne abbiamo già fin troppe!): queste aree devono invece essere destinate alla piccola e media impresa, alla logistica portuale, alla ricerca sulle tecnologie ambientali, all’industria siderurgica e metallurgica, ad aree verdi di separazione tra tali zone e i centri abitati, ecc. Chiediamo che si prenda atto che la storia della discarica si è conclusa e che oggi quei siti siano inseriti a tutti gli effetti nel piano delle bonifiche del SIN.
Riteniamo indispensabile effettuare dei carotaggi per escludere le presenza di rifiuti pericolosi ed effettuare la chiusura in sicurezza della discarica, che non può continuare a lavorare senza prima aver attuato tutte le prescrizioni. È possibile ipotizzare addirittura il sequestro di RiMateria, e questo aprirebbe scenari ancora diversi. Da parte nostra, non possiamo che continuare a chiedere che i cittadini siano messi a conoscenza ed effettivamente coinvolti nelle scelte strategiche che riguardano il futuro del territorio.
LA PIAZZA VAL DI CORNIA