MUSACCHIO: «AUGURIAMOCI CHE NON NASCA UN NUOVO NARCO-STATO IN AFGHANISTAN»
Il ritorno dei talebani rompe gli equilibri internazionali della produzione e del traffico di stupefacenti? Intervista al giurista Vincenzo Musacchio.
di Cecilia Sandroni
L’Afghanistan non sarà più un narco-Stato per la coltivazione del papavero da oppio e per il traffico mondiale della droga. L’ha assicurato il portavoce dei talebani Zabihullah Mujahid, durante una conferenza stampa tenutasi il 17 agosto ultimo scorso a Kabul. Sarà così? Lo chiediamo al prof. Vincenzo Musacchio, giurista, criminologo e associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). Oltre ad essere ricercatore dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra, nella sua carriera, il giurista è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Falcone e Borsellino nella seconda metà degli anni ’80.
Con il ritorno al potere dei talebani cosa accadrà nello scacchiere internazionale dei traffici di stupefacenti?
Nessuno oggi può rispondere con certezza a questa domanda. Possiamo però guardare al passato per provare a fare una previsione attendibile nel presente. Secondo l’ultimo rapporto dell’Onu (2001), quando c’erano i talebani al potere, nel Paese al crocevia dell’Asia, i campi di papavero erano talmente estesi, nel corso dell’ultimo anno, prima della guerra, che si produssero circa cinquemila tonnellate di oppio. Una cifra record che non ha precedenti nella storia della Nazione e che corrispondeva al doppio del raccolto ottenuto nel 1998. L’Afghanistan a quei tempi copriva il fabbisogno di due terzi del mercato mondiale dell’eroina. Un oceano di droga, mai raggiunto prima e che attraverso l’antica “Via della Seta”, dove una volta passavano carovane cariche di tessuti, spezie, gemme, arrivava soprattutto in Europa.
Con la cacciata dei talebani cosa accadde? Produzione e traffico diminuirono?
Dopo la perdita del potere da parte dei talebani, l’ex presidente Hamid Karzai si schierò contro la coltivazione dell’oppio, la produzione e il traffico di droga. Le statistiche per il 2005 sono indicative per una risposta oggettiva ed esaustiva. Nel solo anno in questione, la produzione di oppio ha raggiunto il 64%, cioè circa 4.200 tonnellate, rispetto alle appena 185 tonnellate del 2001 per effetto di un divieto di coltivazione imposto dai talebani. Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite sulla Droga e il Crimine (UNODC), in Afghanistan si concentra l’87% della produzione e il 63% della coltivazione mondiale di oppio. Si stima che il 52% del prodotto interno lordo dell’Afghanistan, cioè circa 2,7 miliardi di dollari americani, sia stato ottenuto attraverso la coltivazione illegale del papavero. La risposta alla sua domanda è la seguente: la produzione di oppio è cresciuta dopo la cacciata dei talebani nel 2001. Negli ultimi venti anni è stata sempre in continua ascesa.
Che cosa accadrà ora?
Con la nuova presa del potere da parte dei talebani il 16 agosto 2021, dopo venti anni, il problema si riproporrà per il Comitato Tecnico dell’Onu ma soprattutto per ciascuno dei singoli Stati membri dell’Unione europea. I talebani alla fin fine vorrebbero la scomparsa non tanto delle piantagioni di papavero quanto della presenza delle mafie occidentali che gestiscono i traffici e la distribuzione. Auguriamoci, in primis, che non nasca un nuovo Narco-Stato più potente del precedente poiché, se ciò dovesse accadere, inonderebbe certamente di droga l’intero pianeta. Non dimentichiamoci che l’Afghanistan produce il 90% dell’oppio illegale al mondo. Sostanza da cui si ricavano appunto l’eroina e tanti altri stupefacenti che consentono l’arricchimento immediato per tante persone.
L’eroina talebana quindi tornerà a essere nuovamente centrale nello scacchiere degli affari criminali di ‘ndrangheta, camorra e mafia siciliana?
Certamente l’oppio afgano è più a buon mercato rispetto a quello dell’America latina. Il nuovo arrivo dei talebani, quindi, potrebbe cambiare di nuovo lo scacchiere dei traffici internazionali di stupefacenti per il sol fatto della maggiore convenienza economica. Le mafie si spostano dove fanno affari e hanno maggiore convenienza. Non crediamo alla favoletta che l’oppio per i talebani sia contrario all’Islam. I talebani quando in passato furono al potere guadagnavano circa cento milioni di dollari l’anno. È molto improbabile, se non impossibile, che coltivatori e talebani oggi al potere rinuncino ai loro ingenti profitti. Presto ci saranno accordi tra chi gestirà il potere e le mafie interessate al nuovo business. Mia opinione personale: produzione e traffici purtroppo aumenteranno ancora.
Come si potrebbe risolvere questo nuovo problema?
La questione della produzione e del traffico di droga in Afghanistan è particolarmente complessa e coinvolge molteplici attori, tra cui, con un ruolo da protagoniste, certamente le mafie coinvolte in questo nuovo mercato che da oggi rischia di tornare a essere fuori controllo. Le soluzioni richiederebbero intervento immediato e ad ampio spettro d’azione (riforme sociali, giustizia, economia) da parte della Comunità internazionale (in vent’anni è stato fatto poco o nulla) pena una nuova inondazione di eroina, come accadde negli anni ‘80, ma questa volta con conseguenze ritengo ancora più devastanti. I mercati di morte, ancora una volta, sono fuori controllo come una zona infetta tenuta a lungo isolata. Questa zona infetta ora è di nuovo accessibile a tutti e questo sarà il vero problema da affrontare. Noi europei, in primis, dovremo farci i conti e mi auguro non a caro prezzo in termini economici e soprattutto di vite umane.
Cecilia Sandroni