CARLO VERDONE: «LA COMICITA’ E’ IN PERICOLO PER IL TROPPO POLITICALLY CORRECT»
Castiglione della Pescaia (GR) – Bagno di folla al Caffè Manitoba di Castiglione della Pescaia che ha ospitato, all’interno della VII edizione della “Festa del cinema di Mare – Premio Mauro Mancini”, il genio della comicità Carlo Verdone. L’attore, regista, sceneggiatore Carlo Verdone non si è risparmiato e ha deliziato il numeroso pubblico presente con una piacevole discussione, raccontando i suoi aneddoti, i retroscena dei suoi film e facendo il punto sullo stato di salute del cinema e della commedia italiana.
Gli intervistatori e protagonisti dell’incontro erano personaggi di altissimo profilo: il regista Giovanni Veronesi, direttore artistico del Festival, che ha lavorato con Verdone in diversi film; Piera Detassis, giornalista e presidente dell’Accademia del Cinema Italiano, ovvero l’organizzazione che attribuisce i Premi “David di Donatello” e molti giornalisti dei media locali. Io in particolare, ero presente anche per avere il piacere di incontrare il notissimo attore e sceneggiatore romano e ringraziarlo personalmente per la disponibilità dimostrata nell’accettare di scrivere la prefazione del mio libro “Yeghishe Charents – Vita inquieta di un poeta”, pubblicato dalla casa editrice Le Lettere e che contiene alcune delle poesie tradotte da suo padre Mario Verdone, che è stato un famoso critico cinematografico, saggista e accademico. E per l’occasione ho chiesto come mai il suo compianto padre era stato un grande estimatore del glorioso e martoriato popolo armeno, lasciando anche a lui la simpatia verso questo popolo.
“È stato grazie a un amico armeno di mio padre – ha spiegato Carlo Verdone – Lui ci ha raccontato la storia dolorosa della sua gente e mio padre rimase colpito e ha iniziato ad approfondire. Così ha saputo anche di Charents e ha deciso di tradurre alcune delle poesie di questo grande letterato dall’infausto destino”.
Non poteva mancare il cenno ai suoi personaggi, che sono entrati nella storia del cinema italiano. “Il coatto – ha spiegato l’attore – lo può rappresentare al meglio chi non lo è. Io ho cercato di vivere non di esistere. Vedevo che la società che man mano si stava trasformando sempre in peggio e io ho cercato di rappresentarla facendola diventare ridicola, facendo ridere la gente. Nella mia lunga carriera alcuni film sono venuti meglio altri peggio ma ho cercato di fare tutto il possibile per rappresentare la società italiana. Per il coatto sono stato ispirato da uno che, negli anni ’60, frequentava l’allora bar Mariani, che era un crocevia di umanità. Si fermavano tossicodipendenti, ladri, ricettatori…Di fronte c’era una residenza religiosa per studentesse provenienti soprattutto dal nord Europa. Alle 13.00 di ogni mercoledì, arrivavano con il pullman. Quelle belle ragazze erano oggetto di attenzioni degli autisti che le aspettavano. C’era di tutto, anche il bullo con il pettine che si aggiustava il ciuffo, un po’ come in “Poveri ma belli” ma più volgare. Bisogna essere bravi ad assorbire la battuta, il gesto”. Verdone ha raccontato che l’idea del coatto con il cotone dentro i pantaloni gli è venuta scoprendo, dopo una serata al Piper, che il cantante di un noto gruppo dell’epoca, dopo l’esibizione si era tolto addirittura una bottiglia di coca cola, cosa che lo faceva apparire un superdotato. E abbiamo anche saputo che il pignolissimo e insopportabile personaggio di Furio è invece frutto di un mix tra comportamento di un suo zio, del fidanzato di una sua cara amica e del suo professore di latino.
Tra una piacevole discussione e l’altra l’attore e regista si è soffermato anche su come sia cambiata la comicità e su quanto sia più difficile, rispetto al passato, riuscire a fare ridere. Carlo Verdone ha condannato l’uso eccessivo del politically correct.
“Alcuni film oggi non si potrebbero più fare – ha dichiarato – Va bene il rispetto però non si deve esagerare. Dobbiamo anche dire che la satira, se fatta con buon gusto, non offende e non danneggia nessuno. Oggi si rischia di non riuscire più a fare ridere. Non voglio dire viva la scorrettezza ma così diventiamo tutti molto tristi per la paura della suscettibilità eccessiva degli altri. Questo non porterà certo nulla di buono alla commedia. Occorre stare attenti a troppe cose. Così non va bene”.
E non poteva certo mancare, con la presenza di due registi e sceneggiatori di successo, una parola sul cinema italiano. Per Carlo Verdone, la sala cinematografica è un tempio di aggregazione che attualmente è poco frequentata. La qualità del cinema dovrebbe migliorare. È inferiore alla qualità delle pellicole estere. Al cinema italiano mancano gli scrittori, quelli che trovano una bella idea da trasformare in una bella sceneggiatura. “Siamo in una realtà – ha concluso l’attore romano – molto complicata. La commedia non può morire ma è un momento molto complicato. C’è molta cattiveria, molto cinismo. Poi un film come “Al lupo al lupo”, per esempio, lo farebbero diventare una serie televisiva per gli eccessivi costi ma poi manca il pubblico in sala”. Per l’attore e cineasta insomma, siamo in un momento di profonda crisi, anche nel mondo del cinema.
La serata si è conclusa tra i tantissimi applausi e con il tutto esaurito al Cinema Castello per la proiezione del film “Al lupo al lupo” di Carlo Verdone con Carlo Verdone, Sergio Rubini, Francesca Neri, María Mercader, Simona Mariani e Claudia Martini. A introdurre la pellicola, che quest’anno festeggia i 30 anni dall’uscita nelle sale cinematografiche, sono stati lo stesso Carlo Verdone e Giovanni Veronesi. I presenti hanno potuto così scoprire alcuni divertenti retroscena accaduti durante le riprese del film.
Letizia Leonardi
Questo di oggi non è “politically correct”, ma demenza! I giovani adolescenti sono una massa di bestemmiatori seriali e inquinatori e questo è il risultato di politiche “sinistre”.